La prima volta che vidi la morte negli occhi fu in un allevamento di trote. Andavamo a fare una  passeggiata in montagna vicino ad un fiume e prima di imboccare il entrerò ci fermammo a prendere del pesce. C’erano grandi vasche piene di pescotti scintillanti. La mia eccitazione di  bambina di 6 anni mi spinse ad

avvicinarmi il più

possibile. Il signore 

che aveva le piscine 

portare con se due 

retini ed un secchio. 

Chiedendo se volessimo 

aiutarlo mi avvicinai subito e 

presi il secchio bianco in mano.

 

Caminammo sul bordo 

della piscina e arrivati a 

metà il signore prese dalla 

sua tascona una manciata 

di mangime e lo buttò in 

acqua.I pesciotti prima 

tranquilli e pigri subito si 

accalcarono per mangiare.

A quel punto il retino scese 

in acqua e acchiappo due pesci.

Il signore li mise nel secchio e mi

diede una pietra piatta e ciotta da 

reggere sopra come tappo.E poi vidi.

 

Vidi gli occhi disperati 

dei pesci che annaspavano 

nell’aria. Vidi la schiuma

venire fuori dai loro corpi 

mentre si dimenavano

e poi lentamente perdevano le forze.

 

Tenendo quel sasso osservai ogni opzione.

Potevo togliere il macigno e con una spinta

rovesciare il secchio nella piscina oppure lasciare

le mie mani e far cadereil macigno su di loro peggiorando

o forse fermando la loro agonia.

Non feci nessuna delle due.

 

Usciti da lì dissi hai miei genitori 

che non avrei mangiato 

i pesci, ero sconvolta.

Non avevo mai valutato la morte 

con questo impatto. 

Più 

tardi 

quando addentai 

il pesce guardai nel suo occhio,

non c’era più dolore 

solo il grasso 

che si scioglieva nella mia bocca.