Narrative Cognitive. Esplorazione videoludica della Psiche
I videogiochi non sonounicamente intrattenimento
Possono essere utilizzati come strumenti in grado di rappresentare la psiche umana
1. Hellblade: Senua's Sacrifice (2017)
Schizofrenia
2. Sea of Solitude (2019)
Depressione
3. EndeavorRx (2020)
ADHD
I videogiochi non sono semplici storie da raccontare.
Non si limitano a presentare immagini o storie, piuttosto, simulano comportamenti, emozioni e risposte fisiche che si legano direttamente a esperienze interiori complesse.
Macchine progettate per interagire con il nostro comportamento, presentando ambienti dove il videogiocatore non è solo un osservatore, ma una parte integrante della simulazione stessa.
Simulation is about behavior, not just images.
Gonzalo Frasca
Hellblade: Senua’s Sacrifice
Ninja Theory - 2017
Tema: Psicosi e schizofrenia
Meccaniche di gioco: Il gioco fa vivere al giocatore un’esperienza di psicosi. Senua, la protagonista, è tormentata da voci e visioni distorte che influenzano il gameplay.
Suono binaurale: il gioco utilizza il suono a 360 gradi per simulare le voci che Senua ascolta nella sua mente. Distorsioni visive: l'ambiente di gioco è deformato dalla percezione alterata di Senua, creando un'esperienza immersiva.
Interfaccia psicologica: la barra della salute viene visualizzata come una "corruzione", simbolizzando l'instabilità mentale della protagonista.
Impatto psicologico:
Hellblade non gamifica la psicosi, ma permette al giocatore di incarnare questa condizione mentale, facendolo interagire con il mondo attraverso una percezione distorta.
Questo approccio ha avuto un impatto significativo, anche come strumento educativo e di sensibilizzazione.
Tipologia di Simulazione: Sensoriale e percettiva
Sea of Solitude
Jo-Mei Games - 2019
Tema: Depressione, ansia, solitudine
Meccaniche di gioco: Sea of Solitude esplora il mondo emotivo di Kay, una giovane donna che si trasforma in un mostro a causa delle sue emozioni non elaborate. Mondo emotivo: il paesaggio di gioco cambia dinamicamente in base agli stati emotivi della protagonista.
Mostri simbolici: Kay affronta creature che rappresentano aspetti negativi della sua psiche (solitudine, rabbia, paura).
Impatto emotivo:
Il gioco simula la storia di Kay in modo tale che il giocatore sperimenta direttamente l'oscillazione tra speranza e disperazione, attraverso l’evoluzione dell’ambiente.
Tipologia di Simulazione: Emotiva e introspettiva
EndeavorRx
Akili Interactive - 2020
Tema: ADHD
Meccaniche di gioco: EndeavorRx è un videogioco terapeutico sviluppato per trattare l'ADHD nei bambini, approvato dalla FDA (Food and Drug Administration).Neurofeedback: il gioco monitorizza l’attività cerebrale del giocatore e regola la difficoltà del gioco in tempo reale.
Obiettivi di attenzione: il giocatore deve focalizzarsi su obiettivi specifici, evitando distrazioni.
Impatto terapeutico: Il gioco è un trattamento cognitivo che stimola il cervello, migliorando la capacità di attenzione e riducendo i sintomi dell'ADHD in modo non invasivo.
L'autorizzazione dell'FDA lo ha reso virtuoso esempio di medicina digitale.
Su oltre 600 bambini il 36% ha ottenuto un miglioramenti di almeno una misura oggettiva di attenzione.
Tipologia di Simulazione: Adattiva e terapeutica
Conclusione
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- Questi videogiochi rappresentano un'importante evoluzione nell'uso consapevole di diversi strumenti videoludici per simulare esperienze psicologiche eneurocognitive.
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- Essi offrono una nuova forma di empatia, non solo verso gli altri, ma verso sé stessi.
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- I videogiocatori diventano attori di esperienze interiori che non possono essere espresse solo con parole o immagini statiche.
Oggi, per “spazio della ricerca artistica applicata all'industria videoludica” si intende un ambito ibrido e sperimentale di pratiche artistiche e metodologie di ricerca qualitativa—come la video-etnografia—vengono integrati nei processi produttivi e di analisi dei videogiochi. Seguendo Mohn, la ricerca artistica non si limita alla produzione di oggetti, ma include l'osservazione, la documentazione audiovisiva e la riflessione sulle micro-performance dei team di sviluppo.
Questo spazio è caratterizzato dalla pratica iterativa, dove la riflessione sul processo creativo (ad esempio tramite video-analisi delle fasi di design, test e gameplay) diventa parte integrante della produzione di conoscenza. La video-etnografia consente di cogliere la dinamica, gestire, le relazioni tra sviluppatori, artisti, artisti e utenti, offrendo uno sguardo immersivo sul "fare" videoludico. Inoltre, la ricerca artistica in questo contesto si avvale di approcci parametrici: gli artisti-ricercatori impongono vincoli autoimposti nei processi di creazione e analisi, sperimentando nuove forme di agenzia, narrazione e interazione. Il risultato è una produzione di conoscenza situata, accessibile anche tramite video-saggi, installazioni e documentazioni online, che valorizzano la dimensione processuale e performativa del videogioco come oggetto artistico e culturale.
Videogiochi come linguaggio e arte.
Journey trasforma il cammino dei giocatori in un’esperienza poetica sull’empatia.
Gris affronta il dolore e la perdita attraverso un’estetica pittorica.
Shadow of the Colossus comunica emozione e solitudine tramite paesaggi e silenzi.
L'evoluzione storica del Videogioco
Negli anni ’70 c’erano Pong e Space Invaders, giochi semplici ma dirompenti.
Le sale arcade erano già spazi sociali: lì si incontravano, si confrontavano e si sfidavano persone con storie diverse, ma con un’identità di giocatore ancora implicita, mai discussa.
Negli anni ’80 e ’90 emergono icone globali come Super Mario, Sonic, The Legend of Zelda.
Giochi come Final Fantasy VII introducono narrazioni complesse, con temi di corruzione politica, conflitto sociale e perdita personale, il videogioco diventa cultura, mito, esperienza condivisa.
Con i primi anni 2000 la complessità cresce. The Sims ci permette di sperimentare identità e relazioni alternative;Grand Theft Auto ci offre uno specchio satirico della società urbana; Minecraft diventa piattaforma collaborativa, usata anche nelle scuole.
Oggi, con titoli come The Last of Us Part II, Red Dead Redemption 2, Cyberpunk 2077 e Elden Ring, l’esperienza ludica raggiunge livelli estetici e narrativi comparabili al cinema, affrontando temi come trauma, moralità, disuguaglianza e resilienza.
Videogiochi come riflesso societale.
SimCity e Civilization ci insegnano come funzionano potere e gerarchie.
Detroit: Become Human affronta intelligenza artificiale, discriminazione e diritti civili.
Assassin’s Creed Origins, grazie alla modalità Discovery Tour, diventa una lezione di storia immersiva.
Identità e inclusione.
Life is Strange esplora adolescenza, scelte morali e orientamento sessuale.
Celeste affronta ansia e depressione attraverso la sfida del platform.
Overwatch propone un cast multietnico, multigenere e multidisabilità.
Tell Me Why introduce un protagonista transgender, sviluppato in collaborazione con la comunità LGBTQ+.
Riflessione critica.
Papers, Please ci fa vivere la burocrazia di uno stato totalitario.
This War of Mine ci mostra la guerra dal punto di vista dei civili.
Valiant Hearts intreccia gameplay e memoria storica, raccontando la Prima guerra mondiale attraverso vicende personali.
Matteo Bittanti in Giochi video. Performance, spettacolo, streaming, scritto con Enrico Gandolfi, mostra come il videogioco sia diventato performance culturale attraverso i Let’s Play su YouTube, le dirette su Twitch e gli eSport.
Oggi non si gioca solo: si guarda giocare, si commenta, si partecipa a una nuova forma di intrattenimento condiviso.
Questo ci dice che il videogioco è anche spettacolo, una forma di arte partecipativa che trasforma i giocatori in performer e gli spettatori in comunità.
È lo stesso processo che vediamo nei concerti di Fortnite o nelle pratiche di Roblox, dove il videogioco diventa palcoscenico, piazza pubblica e laboratorio creativo.
Le pratiche audiovisive connesse al videogioco: livestream, Let’s Play, walkthroughs, speedrun, machinima.
Queste pratiche sono potenzialmente inclusive, perché consentono che voci marginalizzate siano ascoltate.
Nel live streaming alcune streamer donne o persone LGBTQ+ costruiscono audience pronte ad ascoltarle, a vedere il loro punto di vista.
Ma lo spazio digitale non è neutro. Le dinamiche di genere, la visibilità, il discorso tossico, i bias (di razza, genere, orientamento) non scompaiono: si spostano dentro le chat, nei commenti, nei meccanismi di monetizzazione, nella notorietà che si ottiene.
Un esempio concreto: quando uno streamer femminile viene giudicato non per la sua abilità, ma per aspetto, voce o identità.
Questo ricade su come il pubblico percepisce chi può “giocare” o “essere visto”.
Lo streaming può essere emancipatorio, ma anche terreno di discriminazione e marginalizzazione.
I videogiochi sono proprio questo: spazi liminali in cui vivere altre vite.
Victor Turner parlava di spazi liminali: luoghi di passaggio, in cui si sperimentano nuove identità.
Thomas Malaby ci ricorda che il gioco è il dominio dell’incertezza: nei videogiochi sperimentiamo mondi possibili, dal laboratorio politico di Civilization al dramma etico di This War of Mine.
Tom Boellstorff, studiando Second Life, ha mostrato che i mondi virtuali sono mondi reali, con emozioni e legami autentici.