Nascita del Movimento
Termine Neurodiversità
Termine Neurodivergente
A partire da questi interrogativi, è parso necessario affiancare alla ricerca un lavoro sul campo condotto a Roma (da ottobre 2023 a giugno 2025) con Fateci Posto APS 1 mediante esplorazioni urbane, laboratori e visite museali.
L'obiettivo non è trasmettere abilità funzionali, bensì pratiche di fiducia per coltivare processi di autodeterminazione quotidiana, mettendo in discussione modelli educativi neurotipici.
Da qui la scelta di lavorare in micro-gruppi eterogenei (15–30 anni), dove la complementarità fra abilità, ritmi e sensibilità diventa risorsa relazionale. Ogni persona è affiancata da un operatore o familiare che conosce in profondità le strategie regolative individuali e intorno a questo nucleo gravitano operatori, volontari, tirocinanti creando un sistema fluido di fiducia reciproca.
Nel 2023 l'associazione avvia il progetto Esplorazioni nei musei, « un ciclo di esplorazioni urbane nei musei, co-progettato con primarie istituzioni museali, nel quale l'arte diventa veicolo di formazionecontinua e coesione sociale » . Il progetto è arrivato a 38 uscite, da ottobre 2023 a giugno 2025, coinvolgendo 16 istituzioni romane.
Il termine neurodivergente nasce in ambito anglofono negli anni '90, come risposta critica alle narrazioni patologizzanti della neuropsichiatria. Etimologicamente, “neuro-” si riferisce ai processi neurali, mentre “divergente” indica una deviazione dalla norma statistica o sociale nella fenomenologia dell'esperienza cognitiva.
Il concetto si inserisce nel tentativo, simile a quello di Varela con la neurofenomenologia, di superare la riduzione della soggettività a meri dati neurobiologici, valorizzando invece la pluralità delle modalità di percezione e coscienza. Il termine si afferma come strumento per fenomenologizzare la scienza cognitiva, opponendosi a modelli modulari e centralizzati della mente (come quelli della fisiognomica e della frenologia) e sottolineando la necessità di studiare i processi mentali nella loro contingenza situata e vissuta. “Neurodivergente” nasce dunque per riconoscere la varietà delle esperienze cognitive come espressione di differenze, non di deficit, proponendo una visione più inclusiva e rispettosa della soggettività.
Il dibattito sulla neurodiversità nasce alla fine degli anni Novanta, quando Judy Singer (1999) conia il termine neurodiversità per descrivere la varietà dei funzionamenti neurologici umani legittimando, in tal senso, una molteplicità biologica pari a quella della biodiversità in ambito ecologico. Da allora, la dicotomia tipico/atipico – fondamento della vecchia categoria di neuro-atipicità (Marocchini, 2024) – viene progressivamente abbandonata a favore di una lettura etica e identitaria delle differenze cognitive.
In questo panorama si inserisce l'attivista asiatico-americana Kassiane Assaumasu, che intorno al 2000 propone l'aggettivo neurodivergente per indicare chi sfugge dalla norma statistica diagnostica, senza però gerarchie e gradi di punteggio marcati.
Più recentemente Nick Walker (2021) sistematizza queste intuizioni distinguendo la neurodiversità – intesa come variazione collettiva inscritta nella specie – dalla neurodivergenza riassegnando al termine un valore nuovo che fa leva sull'autodeterminazione e sulla presenza politica di singoli o gruppi.